PANNELLO N° 22

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La via della Libertà attraverso la Linea Gotica

Con l’attestarsi della linea del fronte sulle Apuane nel settembre 1944, due zone erano in contatto a monte di Massa: da un lato l’Italia liberata e sotto il controllo degli alleati, dall’altro quella ancora occupata dai nazifascisti. In questa parte del crinale esisteva un varco nella Linea Gotica attraverso il quale riuscivano a raggiungere la libertà giovani che avevano disertato e persone che volevano o dovevano passare oltre il fronte. Spesso per attraversare si affidavano a caro prezzo a “guide” che dopo aver indicato loro la strada, li abbandonava ai rischi di un cammino insidioso, che si snodava per sentieri stretti e ripidi da percorrere soltanto nelle ore notturne per evitare di essere esposti ai colpi delle mitragliatrici tedesche o, come accaduto a molti, di essere catturati. Si trattava anche di un prezioso varco attraverso il quale i partigiani potevano mantenere i contatti con le forze alleate e, vista la sua importanza strategica, le forze della Resistenza e gli Alleati decisero di organizzare e gestire gli attraversamenti, costituendo ad Antona un comando tappa.

Il 4 gennaio 1945 il comandante Pietro del Giudice dispose che giornalmente una pattuglia dei “Patrioti Apuani” prelevasse a Vinca coloro che volevano passare, li accompagnasse ad Antona dove i loro nomi venivano annotati in un apposito registro.

Da qui, la sera, proseguivano accompagnati da persone esperte: salivano a Campiglia, quindi passando a mezza costa del monte Carchio, raggiungevano il passo del Pitone da dove scendevano in Versilia, ad Azzano nella valle del Serra. Qui, sempre di notte, erano prelevati da altri partigiani o militari della “Buffalo” e accompagnati a Pietrasanta dove era il CIC (Counter Intelligence Corps).

Il sentiero era lungo 11,5 km e quando i tedeschi lo minarono, il percorso si modificò salendo più in alto, dal passo degli Uncini.

Gestito ora dai partigiani, l’attraversamento con guide e portatori avveniva in forma gratuita per chi non era in grado di pagare oppure dietro compenso per quanti ne avevano la possibilità. La gestione della Via dal febbraio 1945 – il momento di maggior afflusso – fu affidata alla responsabilità del comandante partigiano Vinci Nicodemi. Grazie alla Via della Libertà passarono il fronte anche ufficiali e soldati, soprattutto inglesi ed americani, fuggiti dai campi di concentramento della pianura padana che andavano a ricongiungersi con il loro esercito. Passavano anche merci di contrabbando destinate al mercato nero al nord della linea e per questo gli Alleati esigevano un controllo di chi attraversava, anche per evitare la presenza di eventuali spie.

Il cammino serviva anche per sostenere i gruppi partigiani consentendo il contatto continuo con gli alleati e diventando, in caso di necessità, una accessibile via di fuga.

Certo la strada non era priva di rischi e vi furono vittime sia tra i civili che tra i partigiani; tuttavia svolse un ruolo fondamentale: solo tra l’ottobre 1944 e il marzo 1945 consentì il passaggio di migliaia di persone; nel mese di febbraio furono ben 1.996 i civili che riuscirono a passare.

Dell’esistenza del varco i tedeschi erano consapevoli tanto che il 20 marzo 1945 questo fu oggetto di una trattativa tra una delegazione dei “Patrioti Apuani” e i tedeschi che volevano impedire il passaggio dei civili da Antona a Seravezza. L’incontro non ebbe esito, peraltro ormai la guerra stava finendo: due settimane dopo sarebbe scattato l’attacco decisivo alla Linea Gotica.

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