PANNELLO N° 17

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Le donne

Anche le donne hanno vissuto, non meno degli uomini, le difficoltà della guerra; un figlio, un marito, un fidanzato combattente era motivo di continua preoccupazione e di sofferenza. Quando poi la guerra è entrata nelle case durante i rastrellamenti, ne hanno visto gli orrori e le loro vite non sono state risparmiate. Sono state tra le vittime più numerose, a Valla, a Vinca e a Bergiola. Mentre gli uomini si erano nascosti sui monti, i tedeschi infierivano su di loro rimaste ad accudire i bambini e gli anziani.
Le donne nella Resistenza sono state protagoniste attive, in modo individuale o collettivo. Sono tanti gli episodi, ma quello più noto nel nostro territorio è la rivolta di Carrara.
Il 7 luglio del 1944, viene affisso nelle strade di Carrara un bando di sfollamento: il comando tedesco ordina che entro due giorni la città venga evacuata.
Il bando crea grande sconcerto nella città, dove allora si calcola fosse presenti circa 100.000 persone, compresi molti sfollati dalle zone vicine, in particolare dalla Spezia. Molte famiglie pensano anche ai giovani che, non avendo accettato di arruolarsi nell’esercito della Repubblica di Salò, sono nascosti sui monti a costituire le bande partigiane e per i quali, senza l’appoggio dei familiari, la sopravvivenza diventerebbe molto problematica. Anche a questo miravano i tedeschi con lo sfollamento: indebolire il movimento partigiano.
In città si discute, il CLN invita le donne ad opporsi. Molte di queste, su indicazione del Pci avevano già dato vita ai “Gruppi di difesa della donna”: per loro passare all’azione diventa più facile. Così a partire dal giorno successivo, di primo mattino un gruppetto di donne tra cui Ilva Babboni, Nella Bedini, Renata Bacciola, Lina Boldi, Lina Del Papa, Cesarina e Mercede Menconi, Odilia Brucellaria, Renata Brizzi ed Elena Pensierini passano di casa in casa invitando le donne ad andare a manifestare davanti al comando tedesco in via Garibaldi. È una marea di donne quella che parte da Piazza delle Erbe: alcune di loro portano cartelli con scritto “Noi non ci muoveremo dalla città” perché le loro intenzioni siano chiare.
Vengono rassicurate dal comando, ma ben presto vedono comparire nuovi manifesti che confermano l’ordine di sfollamento. Continuano perciò a manifestare fino all11 luglio, quando di fronte ad una moltitudine di donne, che preferivano patire la fame in casa propria piuttosto che altrove, i tedeschi rinunciano allo sfollamento.

Combattenti
Non mancano anche donne che scelgono la lotta, alla pari degli uomini. Non sono molte ma la loro è un’esperienza quanto mai significativa. È il caso di Laura Seghettini di Pontremoli. Anche lei educata in una famiglia antifascista, dopo aver subito alcuni arresti con l’accusa di attività sovversiva, per non finire ancora in carcere sceglie la via dei monti. È il maggio 1944, ha 22 anni e si reca a Cervara dove ha sede una delle pime formazioni dell’Appennino, il “Picelli” in cui militano alcuni suoi amici e conoscenti. Rimarrà con loro fino alla fine di luglio quando, dopo l’uccisione del comandante Facio ed il successivo rastrellamento tedesco, con una parte della formazione si trasferisce in val Parma dove continua la lotta, prendendo parte come gli uomini a numerose azioni lungo la strada della Cisa. I compagni, riconoscendo l’importanza del suo contributo, la nominano vice comandante della XII brigata Garibaldi e con loro sfilerà in Parma liberata.

Staffette
Molte ragazze durante la guerra, sfruttando la loro maggiore facilità di spostamento, fungevano da staffette facendo da collegamento tra le varie formazioni partigiane, tra queste e il CLN, nelle Apuane e sull’Appennino. Spesso appartenevano a famiglie antifasciste, con fratelli che erano entrati nelle formazioni partigiane, come Francesca Rolla di Carrara. Portavano messaggi, armi nascoste in sacchi e borse, raccoglievano informazioni che poi trasmettevano. Incarichi delicati e anche pericolosi, fondamentali tuttavia per l’attività partigiana.

Le donne della montagna
Un monumento, vicino al Lago Verde, nelle montagne a nord-ovest di Pontremoli, ricorda l’aiuto dato alla lotta partigiana dalle donne dei paesi di montagna. Queste dopo l’8 settembre hanno accolto i giovani sbandati dell’esercito, spesso aiutandoli a liberarsi dalla divisa procurando loro dei vestiti, hanno diviso il cibo delle loro parche mense, costituito soprattutto da prodotti delle castagne, con i giovani partigiani. Li hanno sostenuti, curati, aiutati a resistere. Molti partigiani alla fine della guerra non hanno mancato di sottolineare come, senza il sostegno di quelle famiglie, di quelle donne, la loro lotta sui monti non sarebbe stata possibile.

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